IC SANDRO PERTINI

Secondaria di I Grado

Lettera di una studentessa

Buonasera, volevo esprimere il mio giudizio su tutta questa folle situazione ,su questa nuova epidemia e sulla chiusura delle scuole ……..Devo essere sincera: un po’ sono felice per la chiusura delle scuole perché in questo modo mi prendo un momento di pausa dallo studio e mi rilasso un po’ .Ma se devo essere sincera, se devo vivere con la paura costante di prendere il coronavirus e morire, preferirei mille volte studiare 100 pagine al giorno. Non riesco a prendere questi giorni di chiusura delle scuole come vacanze perché non sono vacanze, siamo nel bel mezzo di un’epidemia in cui o si vive o si muore …è solo questione di fortuna secondo me. Forse è colpa del governo che si è mosso troppo tardi, forse è colpa nostra che continuiamo ad uscire quando dovremmo stare in casa, non so ……So solo che adesso dobbiamo pensare a come risolvere questo problema perché gli ospedali si stanno riempiendo e non c’è posto per tutti. Mi fanno rabbia le persone che non danno peso a questa situazione e magari ci ridono sopra, dicono che tanto è solo influenza ma sanno benissimo che non lo è …..bene, allora insegniamo loro che va preso tutto quanto sul serio per il bene di tutti, il nostro bene. Perché quando siamo morti, indietro non si torna e gli errori non si rimediano ……Spero di tornare presto alla normalità e che tutto questo passi, anche se credo che ci vorrà molto tempo e pazienza …..Non allarmiamoci ma non prendiamo nemmeno la situazione troppo alla leggera .

 

Gentile Preside,

abbiamo accettato con piacere la sua idea e per il momento inviamo alcuni momenti della nostra giornata. Per adesso non ci annoiamo, suoniamo il flauto piu di prima, visto che abbiamo più tempo a disposizione, scriviamo i cartelloni per appendere in classe al rientro a scuola e quando mamma rientra dal lavoro usciamo in bici.
Manderemo altre foto.
A presto.
 

 

 

Per questa chiusura delle scuole, io mi sento un po’ in panico. Alcuni ragazzi hanno festeggiato per la chiusura delle scuole. Ma facciamoci una domanda…. Perché sono chiuse??? Sono chiuse perché c’è il Coronavirus… Non c’è niente da festeggiare!! Sinceramente per me è meglio la scuola reale e non digitale……

Se adesso non c’era questo virus, eravamo tutti a scuola insieme, potevamo stare accanto… Dopo scuola facevamo i compiti e potevamo uscire… Non c’era il rischio di prendere questo virus.. 

 

Scuola Secondaria di I Grado “Simone Martini” Classe 1^ B

 

In questo particolare periodo per noi…… senza la scuola… Studiamo!!!!! Perché c’è bisogno della nostra intelligenza!!!!

 

 

 

Scuola Secondaria di I Grado “Simone Martini”  Rapolano Terme 

 

1b scuola di Secondo Grado Simone Martini RAPOLANO TERME 

Scuola di Secondo Grado “Simone Martini” 

Esecuzioni strumentali di brani musicali degli alunni della Scuola Secondaria di Primo Grado ” Simone Martini”

Titanic

La sinfonia del nuovo mondo

Hallelujah

Oh when the saints

Marcia Trionfale

Love Me Tender

 Scuola Secondaria di Primo Grado di Asciano

 Un’ esperienza paranormale.

Ciao ragazzi, sono il professor Bocci e vi volevo raccontare la mia esperienza paranormale. Era una giornata di primavera, di quelle che non si possono dimenticare. Mi venne una bellissima idea, quella di andare a fare un viaggio a Lussemburgo, ma non ci potevo andare da solo, quindi chiamai i miei migliori amici. Si tratta di Paolo e Debora e, siccome vanno alla ricerca di presenze paranormali, con loro le avventure non mancano mai. Quando li chiamai, loro mi dissero che andava bene e quindi io andai subito a preparare i bagagli: presi un trolley e ci misi molti abiti perché saremmo stati a lungo lì; poi preparai la ventiquattrore e ci misi la videocamera ad infrarossi e gli strumenti per avvistare le presenze paranormali. Prevedevo che saremmo andati alla ricerca di qualcosa di strano. Andammo su internet e comprammo i primi biglietti aerei per Lussemburgo, i voli sarebbero partiti il giorno dopo alle sei di mattina. Quindi il giorno seguente ci mettemmo in volo e alle undici atterrammo a Lussemburgo. Avevamo prenotato in uno degli hotel più lussuosi della città; una volta arrivati, presi le chiavi della camera e andai nell’ascensore perché dovevo salire all’ultimo piano. Io avevo la stanza numero cinquecentoventisette e Paolo e Debora la ciquecentoventisei. Queste camere erano quelle in cui un gruppo di ragazzi ci aveva informati che aveva sentito delle urla inquietanti e quindi quella sera …… andammo a caccia di fantasmi. Chiamai uno dei ragazzi che aveva sentito quelle urla e mi disse che le aveva udite proprio alle tre di notte, l’ora maledetta. Quindi aspettammo le tre e quando scoccò l’ora fatale Paolo accese la blackbox, che ci permetteva di parlare con gli spiriti. L’ora maledetta finiva alle tre e mezzo, quindi ci dovevamo sbrigare. Lo spirito si chiamava Gogi ed era un’entità buona che era rimasto intrappolato lì e voleva uscire dall’armadio, in cui trecentottanta anni fa era stato rinchiuso. Aprimmo l’antico armadio e facemmo uscire lo spirito. Quella notte non sentimmo nessuna altra voce e dormimmo in serenità tutta la notte. Noi, però, non eravamo venuti per le presenze paranormali nelle stanze dell’hotel, che adesso non ci sono più perché poi è stato liberato, ma per andare nel cimitero abbandonato. Partimmo per andare lì, ma prima ci fermammo in un piccolo bar vicino al cimitero. Lì la signora Colli, che vendeva anche degli strani occhiali, ci disse che nel cimitero c’ era stata sotterrata una strega. A mezzanotte entrammo nel cimitero e vedemmo subito la cupola dove era sotterrata la strega. Entrammo, era tanto freddo, un freddo macabro, ma noi volevamo sapere più cose su quella strega e quindi accesi la blackbox. Lei non ci disse niente, ma quando stavamo per andare via si chiuse di colpo, con un gran tonfo la porta e la strega ci fece capire che dovevamo aspettare. Quindi ci svelò il suo nome, Monica, e ci disse le seguenti parole: chiodo, cane e capello. Ci appuntammo le parole e poi tornammo all’hotel. Il mattino seguente pensammo alle parole che ci aveva detto Monica ed arrivammo ad una alla soluzione. Nello stesso cimitero ci doveva essere suo marito, il demone, perché nelle leggende horror si dice che le donne diventano streghe se si sposano con un demone. Quella sera stessa ritornammo in quel cimitero, guardammo per bene e vedemmo un cappello, delle palline da acrobata e dei chiodi che coprivano una botola e noi la aprimmo. Sotto alla botola c’erano delle scale che portavano ad una tomba ed è proprio lì che trovammo la lapide del demone di nome Jack. Lui, tramite la blackbox, ci disse che era stato ucciso da sua moglie Monica, la strega, e che lui non era un demone, ma era un’entità umana buona che era stato accusato ingiustamente di essere un demone perché si era sposato con una strega. Ad un certo punto arrivò un cane che corse incontro a noi e la strega ci disse che era la punizione demoniaca, quindi Debora prese la pistola e sparò al cane. Jack ci disse che Monica era anche una pazza. Chiamammo subito la polizia e gli agenti portarono via dal cimitero abbandonato quelle bare centenarie e maledette. Dopo questo episodio, il cimitero abbandonato venne restaurato e diventò il cimitero più grande di Lussemburgo. Questa è stata la mia esperienza paranormale e forse in futuro ce ne saranno altre.  II A

Nel manicomio abbandonato.

Ed eccoci di nuovo qui, ragazzi, per chi non si ricordasse di me, sono il professor Bocci.  Su richiesta di alcuni di voi, oggi, vi racconterò un’altra mia esperienza paranormale. Erano le quattro del mattino quando mi squillò il telefono; era una strana voce, ma già risentita, che mi sussurrò dei numeri: 40 e 43, 74. Mi alzai dal letto e mi studiai questi numeri, erano delle coordinate geografiche, cioè 40° 43’ Nord e 74° Ovest; esse mi portavano a New York, in un manicomio abbandonato. Non potevo andarci da solo, sarebbe stato troppo rischioso, quindi il giorno dopo chiamai Paolo e Debora, i miei compagni di avventura. Feci il numero del loro telefono fisso, ma, all’improvviso, automaticamente, il telefono mi invertì il numero 8 con il numero 6, come se non mi volesse far chiamare i miei compagni. Mi rispose una voce terrificante, mi vennero i brividi, era una voce macabra, aggressiva che mi disse “sessanta ore”. Avevamo quelle poche ore e mi misi a pensare; dovevamo arrivare a New York ed andare nel manicomio abbandonato chiamato Beaconmental Hospital. Chiamai Paolo al suo cellulare e mi disse che aveva ricevuto anche lui quelle due misteriose chiamate. Dovevamo partire ed andare ad investigare il prima possibile. Preparai i bagagli e la mia solita ventiquattrore, con gli strumenti adatti per comunicare e vedere gli spiriti. Prima di tutto affittammo telefonicamente una casa, vicino al manicomio, dove abitare per i giorni successivi.

Salimmo sull’aereo e mi squillò il telefono, un numero privato, risposi e la stessa voce, che mi aveva parlato, quella mattina mi disse che ci mancavano “cinquantasette ore”. Ci dovevamo sbrigare; l’aereo sarebbe atterrato dopo due ore; devo dire che furono le mie due ore più lunghe della storia. Per passare quelle due ore mi misi a cercare sul mio Mac le notizie su quel manicomio e c’era scritto che lì c’erano state uccise molte persone ed una delle tante era stata sotterrata nella sua camera. Atterrammo a New York e la prima cosa che pensai era che dovevamo chiamare un taxi che ci portasse alla nostra casa, lo chiamò Debora e arrivammo   velocemente al nostro alloggio. Ci rilassammo, ma il telefono di Paolo squillò di nuovo e la solita voce ci disse “ora”. Evidentemente dovevamo andare subito lì, nel luogo indicato. Appena arrivati, il cellulare del manicomio squillò e Debora alzò la cornetta polverosa. Una specie di una voce meccanica e gracchiante disse “secondo, duecentoquarantasei”. Esso voleva dire secondo piano- stanza duecentoquarantasei.  Salimmo le scale, arrivammo al secondo piano e cercammo la stanza numero duecentoquarantasei; era in fondo ad un corridoio in penombra. La porta era macchiata di sangue, tutta rotta e un po’ bruciata; la aprimmo e rimanemmo pietrificati; la stanza era piena di macchie di sangue, i quadri erano tutti a terra, c’erano scritte nel muro e la raffigurazione di una morte sul rogo. Capimmo che lì era stata sotterrata una persona. L’unica cosa da fare era accendere la Blackbox per parlare con la persona uccisa, forse lo spirito ci poteva dare degli indizi. Si trattava di un uomo; lui ci disse, in modo poco chiaro, che non era finita e che dovevamo stare attenti. Non fu l’unica cosa che ci disse, infatti con voce rauca ci sussurrò che era stato ammazzato da un uomo e che questo era sulle nostre tracce. Colui si trovava al quarto piano del manicomio. Dovevamo quindi andare all’ultimo piano, ma prima dovevamo prendere le giuste precauzioni. Scendemmo al primo piano per cercare qualcosa con cui difenderci e in un grandissimo schermo apparve un uomo mascherato che ci disse di andare nel giardino della nostra casa, dove ci aspettava una sorpresa. Pensai a come questo tizio potesse aver fatto per sapere dove abitavamo, dove stavamo andando e molte altre cose. Arrivai ad una conclusione, che lui era l’uomo del telefono, l’uomo che ci seguiva in ogni viaggio e quindi dovevamo dargli una lezione! Io, qualche tempo prima, avevo seguito un corso di tecnologia avanzata, che mi è sempre stato utile perché, quando vado a fare delle esperienze paronormali e affitto una casa, installo l’impianto avanzato di trappole che mi avevano insegnato ad usare al corso, per difendermi in caso di pericolo. Quindi andammo alla casa, presi il mio computer, dove avevo il sistema delle trappole e … iniziò il gioco. La prima “trappola” consisteva nel mettere una voce che ripeteva “è l’ora del gioco” ed alla fine urlava a ripetizione la parola “corri”.  Così il misterioso uomo iniziò a correre ed alle sue spalle partirono dei cani meccanici che abbaiavano e mentre correva inciampò in una lenza. Dopo essere caduto si rialzò, ma scivolò nelle mattonelle che erano state precedentemente ricoperte di sapone. Quando alla fine riuscì a tirarsi su, venne incappiato da una corda.  Noi andammo lì, levammo la maschera che nascondeva il volto all’uomo e, con nostra grande sorpresa, vedemmo che era Mr. Hunter, il secondo maggior cacciatore di spiriti e che ci avrebbe voluto prendere ed uccidere, così da diventare lui l’Assoluto Cacciatore di Spiriti. Noi chiamammo la polizia e gli agenti portarono via quel pazzo, ma non era finita lì…..squillò il cellulare di Debora ed una voce inquietante annunciò “ a presto”!

Le nostre riflessioni sul V canto dell’Inferno della “ Divina Commedia”, classe II A di Asciano. Parla liberamente della vicenda di Paolo e Francesca seguendo i tuoi pensieri sull’argomento del canto. Questo è un canto molto bello, infatti esprime al massimo l’amore di una persona verso un’altra. Purtroppo la violenza di Gianciotto ci fa ricordare i tempi di adesso, dove siamo circondati da atti crudeli verso i nostri simili. Io condivido molto la pietà di Dante, infatti quando ho letto il canto, mi sono quasi emozionato ed ero talmente preso, che riuscivo a sentire l’amore tra Paolo e Francesca.    

Il canto di Paolo e Francesca mi è piaciuto molto perché, anche se Dante parla di un fatto avvenuto molto tempo fa, è una storia anche dei nostri tempi. Pensando a Paolo e Francesca la prima cosa che mi viene in mente è l’amore. L’amore è un sentimento bellissimo quando è vero, sincero e ricambiato da entrambi. Ti fa sentire importante per l’altro e battere il cuore. Quando invece l’amore non nasce dal cuore le persone si sentono tristi e insoddisfatte come, secondo me, si sentiva Francesca con Gianciotto. Chi ama veramente ha fiducia nell’altro, quando invece l’amore non è vero nascono sentimenti di forte gelosia, di voglia di cambiare l’altro e considerarlo non come una persona ma un proprio oggetto. Ecco perché si finisce per fare del male agli altri fino anche, nei casi più gravi, a  compiere violenze fisiche o uccidere come ha fatto Gianciotto. Io credo che non basta amare ma è importante saper amare bene.

Anche io, come Dante, mi sento molto vicino a Paolo e Francesca. L’amore, secondo me, non è assolutamente un crimine, è un sentimento vero e buono, Paolo e Francesca non potevano non amarsi ed erano legati l’uno all’altro. E’ ovvio che l’amore tra due persone non possiamo comandarlo. Capisco anche il motivo per cui Dante li colloca all’inferno, al suo tempo, quando i due si accorsero di amarsi, avrebbero dovuto smettere di frequentarsi, visto che Francesca era già sposata con) Ganciotto, e stava quindi tradendo il suo marito. Ma Francesca non ha mai scelto di sposarsi con Gianciotto, anzi gli è stato imposto dalle famiglie ed invece ogni persona deve essere libera di fare le proprie scelte. Al massimo, se proprio volessimo punire i due amanti, potevano scontare la loro pena in purgatorio, ma MAI si punire un sentimento come l’amore con la sofferenza dell’inferno.  

Cosa pensi del comportamento di Gianciotto? Del suo modo violento di reagire al tradimento della moglie? È una situazione così lontana da noi uomini del 2020? Gianciotto, trovandosi di fronte al tradimento, reagisce in maniera esagerata. La sua rabbia è talmente forte che uccide il fratello e la moglie. Io penso che il comportamento di Gianciotto sia sbagliato perché pur essendo comprensibile la rabbia nei confronti dei due, avrebbe dovuto riflettere prima di agire e commettere un omicidio. Purtroppo, la reazione di Gianciotto è una reazione abbastanza comune anche oggi tra gli uomini. Ascoltando i telegiornali, si sentono spesso delle notizie di donne uccise da uomini molto gelosi di loro, che non riescono a perdonare un tradimento, ma anche molto meno; infatti, spesso alcuni uomini hanno il sospetto di essere traditi ma non ne hanno la certezza e comunque, fuori controllo per la rabbia, maltrattano o peggio uccidono le loro compagne. Penso che questo comportamento sia molto sbagliato e che nel 2020 queste cose non dovrebbero succedere, ma purtroppo sono eventi ancora molto frequenti. Mi dispiace quando, alla televisione, sento questo genere di notizie e penso magari anche ai bambini che vivono in queste famiglie e sono costretti a subire tanta violenza.

                                                                                       

 

 

Paolo e Francesca nell’Inferno della Divina Commedia

Classe III B Scuola Secondaria di Primo Grado “S. Martini” di Rapolano Terme

b. tema 1, b. tema 2, b.tema3, b. tema 4.

La Seconda Guerra Mondiale G.1,Mahatma Gandhi A., pandemie A. pensieri coronavirus B. Riassunto-mappa Asia e Cina e India

ConfrontoVerga Silone, diario F. F. G.X AGOSTO di GIOVANNI PASCOLI

Scuola Secondaria di Primo Grado “S. Martini” 

Classe 1B

Il rapporto speciale che ho con i miei amici

Ho più di un amico con cui sento di avere un rapporto speciale. Sono davvero fantastici e sono sicuro che la nostra amicizia non finirà mai. Quando sto con loro provo felicità e sento di stare bene. Insieme  ci divertiamo, scherziamo, giochiamo. Non ho mai dubitato di loro, o quasi. Pero sono tutti quanti con personalità diverse  Alcuni sono divertenti, con battute sempre pronte, da crepapelle. Altri sono comprensivi, ubbidienti, forse anche un po’ fastidiosi ma gli vorrò sempre bene. Un mio amico in particolare si è ferito recentemente. Per fortuna non era grave ma io mi sono preoccupato molto. L’ho chiamato per assicurarmi che stesse bene e lui mi ha tranquillizzato. Mi preoccupo molto per gli amici che si fanno male e sono sempre in ansia. Avendo vissuto situazioni del genere, (sbattendo contro una macchina, mi si è infilato il freno della bicicletta nel linguine) so come bisogna muoversi e come si sentono in quel momento.  Anche se non sembra sono molto perspicace e, soprattutto, permaloso: se qualcuno mi dice un fatto non proprio carino me lo ricorderò per almeno due mesi e peserà sul suo conto. Ho avuto molte volte intese con i miei amici, soprattutto quando si trattava di ingannare gli adulti: abbiamo fatto credere loro che non stavamo giocando quando invece era così, abbiamo finto di dormire quanto stavamo guardando TV insieme , siamo riusciti perfino a “studiare” mentre guardavamo video !!! Comunque sarei davvero molto dispiaciuto se dovesse succedere li qualcosa e farei in modo di trovare il modo di rallegrarli e farli sentire bene!!!

Caro diario,

in questo mese l’Italia (come il resto del mondo) sta vivendo un’esperienza traumatica. Per colpa del virus ormai non possiamo più uscire di casa… niente più scuola, niente più amici, niente più aria aperta. Il mondo sarebbe caduto ai piedi del virus, se solo non ci fosse stata la Cina a rialzarsi: riaprendo le metro, iniziando ad uscire di casa, non usando più le mascherine ha dato al mondo la speranza di rinascita. Ah, scusa diario non ti ho ancora detto che tipo di virus è: si chiama Coronavirus e colpisce l’apparato respiratorio provocando problemi seri e portando anche alla morte. All’inizio i sintomi erano gravi solo per le persone anziane, adesso invece si presentano perfino nei bambini!!! Al contrario di molti cittadini che si deprimono, io sto bene e mi sento  a mio agio senza ansia o timori di questa pandemia perché so che l’Italia può contare su ottime persone che la salvaguardano. Costretto a stare chiuso in casa mi rilasso.  Io per fare i compiti impiego sempre molto: invece adesso ho tutto il tempo del mondo            (non è proprio vero ma non importa)!  Le giornate le trascorro facendo i compiti, studiando, leggendo e usando il cellulare. Ma non solo…. Guardo alla televisione una serie per me molto avvincente che si chiama “Plunder”: un manga (cartone animato giapponese) che parla di una società basata sui numeri, in cui chi aveva quello più alto apparteneva a una classe sociale maggiore. Tutte le persone che ne facevano parte avevano stampato sulla mano un “conto”. Per farlo alzare svolgevano, ogni giorno, l’hobby che contavano dall’inizio della loro vita (per esempio, la protagonista conta dalla nascita i chilometri che percorre). Anche se mi trovo bene, mi mancano le persone per cui provo affetto,   i compagni di scuola e gli insegnanti. Per fortuna, grazie anche a una pianola, posso suonare sfogandomi e dando voce alla mia più grande passione: il canto!!!

Produzione personale: l’ospitalità

Per gli antichi greci l’ospitalità era un’azione sacra e chi non la rispettava doveva essere punito, talvolta anche con la morte. Questo accade, infatti, ai proci quando Ulisse arriva travestito da  mendicante nella sua dimora: la moglie, il figlio e le ancelle fedeli lo aiutano e lo fanno mangiare a sufficienza. I pretendenti e le ancelle corrotte, invece, non fanno altro che prenderlo in giro e deriderlo. Questo fatto dimostra che le persone malvage non rispettano i doveri dell’ospitalità. Anche Polifemo ne faceva parte: Ulisse, con i suoi compagni, approdò in un’isola per fare rifornimenti quando vide una caverna gigantesca aperta da cui si sentivano dei belati. Essendo molto curioso non riuscì a trattenersi dall’entrare per scoprire da dove provenisse quel suono. Scoprirono che la caverna era piena di formaggi c’erano dei greggi. Ma proprio quando se ne stavano per andare arrivo il padrone di casa: Polifemo. Polifemo era un ciclope (figlio di Poseidone) che non amava molto il concetto di ospitalità. Per questo si mangia ben sei compagni del re di Itaca, prima di venire accecato con un palo arroventato. Oggi il concetto di ospitalità è molto diverso: se qualcuno ha bisogno di aiuto non sempre viene accontentato.  A volte si aiuta più per mettersi in mostra che per farlo davvero. In questi tempi alcune persone pensano solo a se stesse. Però ci sono delle associazioni che sono state create proprio per aiutare i bisognosi.  Da ormai vent’anni a questa parte in Italia si sta generando un  nuovo problema: gli immigrati. Gli immigrati, ovvero persone provenienti da alti paesi per  via di guerre, terreni non più fertili, assoluta povertà, sono ormai diventati parte di una discussione che continua anche oggi. Secondo me le persone che hanno bisogno di aiuto lo meritano, anche perché siamo tutti uguali, e non è giusto che qualcuno chiuda le porte in faccia ai bisognosi. In più, la maggior parte di queste persone, hanno dei passati bruschi e irremovibili: orribili. L’ospitalità significa dare il proprio aiuto col cuore non solo con la mente e con i muscoli. Quindi, se ci diamo una mano l’un  l’altro, potremo cambiare il mondo !!!

 

Scuola Secondaria di Primo Grado “S. Martini” di Rapolano Terme

Audio 2020-05-25